lunedì 28 luglio 2008

Le donne...

"L'intuizione di una donna è più vicina alla verità della certezza di un uomo."
Rudyard Kipling

domenica 27 luglio 2008

Il delito passionale…

Dopo aver letto la “bella” notizia sul tentato omicidio di Lorella Ghiani, 50 anni assistente sociale, da parte del marito Fernando Musinu, 53 anni, ex guardia giurata, ho fatto una piccola ricerca sul delitto che affligge la nostra società: il delitto passionale considerato diverso, psicologicamente più drammatico perché chi uccide ama la sua vittima, la ama anche mentre la uccide. Ma non bisogna dimenticare che spesso viene ucciso l’oggetto del bisogno e non dell’amore..

Ho così scoperto che i delitti passionali sono sempre stati inseriti in una categoria a parte, rispetto agli altri crimini. Perché è il delitto dell’uomo normale. Non suscita la stessa disapprovazione sociale degli altri delitti, i suoi autori non sono ritenuti pericolosi, si suppone infatti che abbiano agito sotto l’effetto di un impulso, che l’omicidio non sia premeditato e che non si ripeterà. Ma questi delitti corrispondono oggi al numero maggiore dei crimini omicidiari commessi in Italia. Dai dati dei primi mesi del 2003, si riscontra una maggiore prevalenza maschile nella commissione dell’atto, con un’età compresa tra i 31 ed i 51 anni. Un dato anch’esso molto importante, è quello evidenziato dall’Eures (2001) che afferma come la principale vittima di omicidio sia il coniuge (27%), seguito dall’ex-partner (9%). Sebbene anche in questa ricerca si evidenzi una maggiore prevalenza vittimologica femminile, esistono tipologie di vittime in cui prevale il sesso maschile, primo fra tutti il rivale. Ma cosa spinge una persona a compiere un delitto passionale? Sembra che la gelosia sia la motivazione più frequente. La gelosia, lo stato d'animo forte di una persona che dubita della fedeltà e dell'amore del partner o di una persona cara. Esistono comunque diversi livelli di gelosia:
1. desiderio di tenere a sé la persona amata
2. gelosia che porta a continue verifiche sulla vita del partner
3. gelosia ossessiva: proiezione della propria infedeltà o insicurezza sull’altro.
4. gelosia delirante.
La gelosia di per sé quindi, non è patologica, ma lo diventa, se espressa e percepita nella sua forma più estrema, trasformandosi in gelosia ossessiva o delirante.
Il delirio di gelosia, consiste nella convinzione di essere traditi dal proprio partner distinguendosi in tal modo dalla gelosia caratterizzata dal timore di tradimento, ma non dalla certezza che esso si sia consumato.
Un secondo movente, a parte la gelosia, sembra essere la fine di una storia d’amore. A questo riguardo, è interessante notare come a livello biochimico, durante l’innamoramento si abbia un aumento della produzione di endorfine e feniletilamina, con conseguente senso di benessere ed euforia, mentre quando la relazione finisce, si abbia un crollo di queste sostanze, con conseguente ansia, apatia, senso di frustrazione ed irritabilità. La fine di un rapporto va a coincidere con un senso di fallimento interno e di ingiustizia subita, la cui unica reazione emotiva risulta essere spesso la rabbia o la disperazione. Da un punto di vista comportamentale, quindi,, si reagisce in due diversi modi: con l'isolamento da tutti e da tutto – e spesso con la depressione-, oppure con l'aggressività verso la persona che ci ha "regalato" il senso di frustrazione e fallimento precedentemente descritti.
Un terzo movente del delitto passionale è l’amore respinto. Si può trattare quindi di un ex partner che ha tentato invano di ricongiungersi alla persona amata o semplicemente di un individuo innamorato di un altro. In questo senso, uccidere l’oggetto d’amore significa riuscire finalmente a possedere quella persona che fino ad allora ci aveva rifiutati. Diverse ricerche hanno mostrato come in questo caso può non esserci rimorso perché il delitto è ritenuto logica conseguenza di ripetuti rifiuti subiti.
Un quarto movente è il delitto d’onore. Si parla in questo caso di “Sindrome di Otello”, facendo riferimento al protagonista dell’omonima tragedia shakespeariana. In questi casi, in realtà, non si tratta di vero e proprio delitto passionale in quanto l’omicidio viene attuato per salvaguardare il proprio onore. Sebbene sia sparito dal codice penale (fortunatamente è stato abolito nel 1981 l’articolo 587 che prevedeva una pena ridotta di 3 o 7 anni di reclusione), il delitto d’onore resiste in diversi paesi; si rivendica un tradimento, uccidendo e punendo la moglie o il rivale (..azzo que-sta si che è civiltà).

In conclusione, Delitto Passionale è uguale a disturbi mentali, a pazzia, e all’uomo che uccideva la propria compagna infedele, sono sempre state riconosciute molte attenuanti nella fase processuale. Attenuanti che alle donne sono state negate, anche se in realtà quell’uomo non merita nessuna attenuante, perché l’uomo che uccide la propria donna che lo ha abbandonato lo fa spinto dall’idea che è meglio eliminarla personalmente in modo da esercitare anche in tal caso la propria autorità.

(fonte: in parte internet)

venerdì 25 luglio 2008

Uomini, ominichi o quaquaraqua?

Nonostante la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, del 1993, ottenuto grazie alla forte pressione dei movimenti delle donne, che fornisce per la prima volta una definizione ampia della violenza contro le donne, definita come "qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.

Nonostante La Conferenza di Vienna sui diritti umani, la Conferenza di Pechino, e il dibattito della Commissione donne dell’ONU, della Commissione diritti umani, dell’Assemblea ge-nerale, ancora oggi aprendo un qualsiasi quotidiano, oltre alle solite notizie sulla politica nazionale e internazionale c’è sempre almeno una notizia che riguarda la violenza contro le donne. Fatti, i dovuti calcoli emerge che almeno il 70% delle donne vittime di omicidio sono uccise dal partner. La violenza domestica è in Europa la prima causa di morte per le donne dai 16 ai 44 anni. Si ipotizza che una donna italiana su sei abbia subito violenza (fisica o sessuale) da parte del partner o ex partner. Nonostante questi dati a me pare che i nostri politici, i media e gli uomini in genere minimizzino o rimuovano costantemente questo fenomeno che in realtà è una limitazione della libertà per una buona parte dei cittadini di questo paese e pertanto un’assoluta priorità sociale e civile.

Dobbiamo riflettere con maggiore serietà e metterci in testa che la violenza sulle donne ci riguarda tutti, e in particolare noi uomini che nulla abbiamo a che fare con comportamenti violenti. Dobbiamo renderci conto che il silenzio e l’indifferenza oltre a favorire la violenza ci rendono colpevoli quanto i violenti.
Allora perché continuiamo a tacere e a far finta di nulla anziché intervenire seriamente per contrastare la violenza sulle donne trovando i giusti metodi su come riconoscerla, prevenirla, punirla?

BASTA FARE GLI STRUZZI!!!

lunedì 21 luglio 2008

Il lupo perde il pelo ma non il vizio……..

Umberto Bossi per l’ennesima volta si comporta come un nemico dell’Italia: Con la mano destra, mostrava il dito medio alzato in segno di sfregio nei confronti dell'inno di Mameli e dice «mai più schiavi di Roma». «Dobbiamo lottare contro la canaglia centralista - ha infatti continuato Bossi - Ci sono 15 milioni di uomini pronti a battersi per la libertà. 0 otterremo le riforme, o daremo battaglia e ci conquisteremo da soli la libertà. Dobbiamo lottare contro questo stato fascista. È arrivato il momento di farla finita, fratelli! » Qualcuno avrebbe dovuto far notare a Bossi che l'inno non parla dell'Italia schiava, ma della vittoria che si inchina a Roma. Ma a parte l’ignoranza o l’imbecillità, Bossi lascia tutti interdetti, sorpresi e irritati gli alleati. Ma Bossi, ormai in un brodo di giuggiole, non si ferma li, attacca il sistema scolastico e annuncia «mai più docenti del sud nelle scuole del nord». «Non possiamo più lasciar martoriare i nostri figli da gente che non viene dal nord. Noi insegniamo ai nostri figli che non devono essere schiavi e un nostro ragazzo è stato bastonato perché aveva portato una tesina su Carlo Cattaneo. Insegnano i nomi dei 7 re di Roma, non quelli dei Dogi della Repubblica Serenissima. Dopo 30 anni di scuola, esami, professori e presidi di sinistra i nostri figli sono disorientati». Forse, il caso che ha fatto scattare l'ira di Bossi è la seconda bocciatura, alla maturità, del figlio Renzo. All'inizio di luglio, infatti, non ha superato la prova, da privatista, in un istituto di Tradate, il Bentivoglio. L'anno prima, a bocciarlo erano stati i professori di un liceo statale di Varese. Naturalmente la platea dei delegati della Lega Nord, riuniti a Padova, è andata in visibilio, basta così poco a scatenare la gioia di chi pende dalle sue labbra. Anche se queste affermazioni sono dirette alla sua base, alla quale deve mostrare i muscoli. Questa improvvisa recrudescenza del linguaggio del Senatur della prima ora offende tutti noi. Noi italiani pretendiamo che un senatore della Repubblica Italiana si comporti come tale e abbia il massimo rispetto per le istituzioni e i simboli di italianità. E ora dome ha dichiarato il ministro La Russa ci aspettiamo che Bossi tranquillamente, si scusi con gli italiani per aver insultato l'identità nazio¬nale e l'amor patrio. Non è la prima volta che il senatur fa ste sparatte del c…. e noi le ricordiamo molto bene.

INDIPENDENZA PADANA - 15 SETTEMBRE 1996, Umberto Bossi lancia il progetto secessione delle regioni del Nord. Al termine di una manifestazione lungo il Po, dal Piemonte a Venezia, ammaina il Tricolore e issa la bandiera padana.
OFFESA AL TRICOLORE - 25 LUGLI01997, A Cablate (Como), durante la festa della Padania Bossi vede sventolare una bandiera in una scuoia vicina e dice: «Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il c...»
LA CONDANNA - 23 MAGGIO 2001 Per Bossi c'è la condanna: 1 anno e quattro mesi, pena sospesa, per vilipendio della bandiera. Nel gennaio 2002 la Camera lo "salva", votando "no" alla concessione dell'autorizzazione a procedere.
IL SOGNO - 11 GENNAIO 2005 A Lugano partecipa a una manifestazione assieme ad altri ministri. La radio svizzera li registra mentre cantano «Siamo padani, abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore»

Le promesse del governo…

Tutti i politici, rossi, neri, bianchi, verdi o azzurri non importa il colore, durante la campagna elettorale non fanno altro che promettere, promettere e ancora promettere. L'attuale governo intende mettere in pratica le promesse fatte in campagna elettorale, di cui la sicurezza è stata un cardine fondamentale. Peccato che abbia iniziato con norme che al cittadino comune interessano poco o niente. Peccato che le norme di interesse nazionale, quelle che dovrebbero aiutare il nostro paese a rialzarsi e a caminare rimangano nel cassetto ad ammuffire.
Le norme importanti per i nostri politici sono altre. Norma blocca processi: molti cittadini che chiedono giustizia non l’ avranno proprio perché i processi legati alla quotidiana criminalità (reati sotto i 4 anni) saranno bloccati, tra questi ad esempio quelli relativi alle morti bianche.
Decreto anti-intercettazioni: è vero qualcuno ha abusato di questa facoltà, buttando dalla finestra il denaro dei cittadini, ma da oggi per la magistratura sarà molto più difficile acquisire prove su numerosi reati e molti delinquenti, soprattutto amministratori e politici corrotti, la potranno far franca più facilmente.
Evidentemente extracomunitari e rom compresi i bambini sono considerati molto più pericolosi dei corrotti, anche se sono stati questi ultimi a divorare 8 punti percentuali di Pil in venti anni di storia. Sicurezza stradale: tagliati 17,5 milioni di euro dal budget per compensare il mancato introito dell'Ici.
Fondi per le forze dell'ordine: il Viminale ha sospeso gli "accreditamenti" per le manutenzioni ordinarie di questure, commissariati e caserme in genere, e questo significa niente soldi per i bisogni primari del buon funzionamento delle forze dell'ordine. Ma non era molto più semplice e giusto sfoltire le spese della politica, le spese della “sacra casta”. Dimezzando i deputati e i senatori, eliminando le province semplici pas-sacarte ma voragini per il denaro pubblico, insomma, dando una bella ripulita alla classe politica. E visto che siamo in Europa aggiornare i loro stipendi, alla media europea.
Ma perché queste scelte, perché cominciare da norme che interessano pochi? Incapacità o malafede? Qualche volta, solo qualche volta mi sorge il sospetto che nelle fila del governo si auspichi più, insicurezza per poterne nutrire una propaganda populista; lo stato di paura consente un maggior controllo sui cittadini, un'antica equazione certo, ma sempre valida.

Ma oggi gli italiani non sono più i pecoroni di una volta, non tutti almeno, e potrebbero stancarsi di essere sempre l’ultima ruota del carro. No, non è una minaccia è solo un semplice avvertimento.

domenica 20 luglio 2008

Censaura, sempre censura

Ma quale blog per gli atleti,
a Pechino museruola per tutti

Il blog con la museruola. Ci si aspettava qualcosa di meglio, ma alla fine le "Ioc Blogging Guidelines" hanno confermato che alle prossime Olimpiadi la libertà sarà limitata pure sul web. Non essendo possibile cancellarli, i blog sono stati semplicemente imbavagliati.
Attenzione, le regole valgono per tutti, anche per i giornalisti. Sono 30mila i poliziotti che rovistano nella rete a caccia di cyberdissidenti. Ma la lotta è impari: i navigatori dell’ex Celeste impero hanno superato la soglia di 200milioni. Ecco perché negli ultimi mesi Pechino ha puntato anche sulla deterrenza psicologica: se una persona si avvicina a un sito web ritenuto “pericoloso”, appaiono due poliziotti animati sullo schermo (alti pochi centimetri) che lo mettono in guardia.
E a consolidare la robustezza dello Scudo dorato il sistema di sorveglianza di internet chiamato anche Great firewall of China contribuiscono multinazionali straniere desiderose di non perdere uno dei mercati più ricchi del pianeta.
Esempio: un cestista al Villaggio Olimpico vede rientrare di notte un gruppo di lottatori un pò brilli. Niente di grave, non si parla certo di violazione di diritti umani, un episodio del genere sarebbe divertente su qualsiasi blog. Ma a Pechino non si potrà inserire, perché i diari personali online "non dovranno in ogni caso contenere interviste con o storie su altre Persone accreditate". Il sale del blog.
Gli italiani potranno leggere dal web i principali quotidiani nazionali, ma in alcuni casi dovranno aspettare alcuni minuti prima che la pagina digitale sia interamente visibile. È possibile leggere senza problemi otto fra i dieci blog italiani più popolari in rete. Bisogna attendere molto tempo per dare un’occhiata a quello di Beppe Grillo: lo spazio web del comico genovese espone una fascia in favore dell’indipendenza del popolo tibetano. Un blog della top ten, poi, non è raggiungibile dalla Cina. Per aggirare la cortina elettronica di Pechino il sistema più semplice è quello di utilizzare un aggregatore di feed rss (come Greader o FeedDemon): permette l’aggiornamento immediato evitando la connessione diretta con l’indirizzo proibito dalla censura.
Pechino, però, non ha abbandonato i vecchi metodi. Ora si capisce con quanta fatica abbia dovuto accettare l'innovazione il Comitato Olimpico Internazionale (Cio), che da sempre ha la pretesa di trasformare i Giochi in una cittadella blindata. Il connubio con i limiti all'informazione della Cina padrona di casa ha partorito il mostro. E'interessante sfogliare le pagine delle linee guida per gli accreditati alle Olimpiadi in programma dall'8 al 24 agosto.

sabato 19 luglio 2008

RAI – di tutto e di più…

Solo ieri una parte della maggioranza chiedeva la diminuzione del canone Rai, mentre un’altra parte chiedeva la totale abolizione. Oggi si viene a sapere che dietro l'angolo ci sono una sanatoria e una stangata. Infatti, sul tavolo del ministro dell'Economia Robin Hodd - Giulio Tremonti, da alcuni giorni è arrivata la proposta di riforma dell'imposta del canone di abbonamento Rai (con allegata proposta di legge in 11 articoli), redatta dal membro del Consiglio di amministrazione della tv pubblica, Angelo Maria Petroni (che intende salvaguardare il suo grasso stipendio, e già discussa dallo stesso Cda.
La proposta prevede sostanzialmente due cose: sarà chiamato a pagare il canone chiunque sia titolare di un contratto di energia elettrica, perché appare scontato che per far funzionare il televisore serve la corrente e non solo l'apparecchio tv. Secondo, in q1uesto caso ci sarà l’inversione dell’onere della prova, l'onere della prova sarà a carico del cittadino e non dell'amministrazione e, nel caso, gli utenti che hanno un contratto di fornitura elettrica, ma non un televisore in casa dovranno sostenere con una dichiarazione scritta che non possiedono una Tv.

In poche parole, chi paga la bolletta Enel sarà tenuto a pagare anche il canone Rai. Di questo passo tutti i cittadini alla nascita saranno considerati tutti assassini, stupratori, rapinatori, pedofili, e qualt’altro a meno che non dimostrino di non aver commesso detti reati. Un bell’esempio di democrazia e giustizia non vi pare?
Ieri sostenevo che l’Italia assomiglia di più ad un paese sudamericano, oggi il fatto viene ampiamente confermato da Angelo Maria Petroni, il quale dichiara: «In Grecia, Paese che ha adottato il presupposto del contratto elettrico per il pagamento del canone, l'evasione viene recuperata integralmente, perché se i controlli sono fatti bene è difficile che qualcuno resti fuori. Lo studio sulla riforma del canone è già stato visionato dal Cda della Rai ed ora aspettiamo che venga vagliato dal ministro dell'Economia». Grazie signor Petroni per aver preso ad esempio il “ paese dei colonnelli”, il paese che ancora oggi si lecca le ferite provocate da quella giunta militare che ha mortificato un intero paese.

L’amministrazione Rai ha deciso di usare il pugno di ferro per chi non paga, insomma, visto che le sanzioni previste vanno da un minimo di 103,29 euro ad un massimo di 516,45 euro, senza differenza tra i privati e gli esercizi pubblici. Per quel che concerne, invece, le esenzioni per i disagiati "si tratta di pensionati e invalidi che fruiscono di trattamenti pensionistici bassi (559,91 euro mensili nel 2007), nei cui confronti si intende rafforzare il vincolo di solidarietà sociale destinato alla ridu¬zione dell'imposta ordinaria", applicabile grazie al maggior gettito previsto. In tutto le famiglie beneficiarie della riduzione d'imposta dovrebbero essere un milione e mezzo. Non ci resta che aspettare e vedere se questo governo è veramente il paladino dei cittadini, quale si proclama o un manichino tra le mani dei vampiri assettati di denaro contante.

venerdì 18 luglio 2008

Canone RAI a rischio…

Siamo in Italia, il tanto osannato paese democratico o siamo in un paese sudamericano in cui il popolo viene governato da giunte militari prive di scrupoli? No, non è una domanda sciocca come molti di voi penseranno perché il clima, indipendentemente da chi ci governa, qui in Italia è proprio quello di un paese sudamericano. Prova ne è l’incivile comportamento della RAI, sul fronte dei "falsi ispettori RAI" e sulle modalità di riscossione scelte dall'azienda, "profondamente lesive dei diritti del cittadino". "La RAI, infatti, ha sottoscritto una convenzione con l'Amministrazione finanziaria e in particolare con l'Agenzia delle entrate SAT. Che a sua volta subappalta ad una conces-sionaria.

Questa concessionaria, in modo subdolo e disonesto, tentano di far firmare un impegno alla sottoscrizione di un nuovo abbonamento alla RAI", inviando minacciose missive a chi ha cambiato residenza o domicilio o che non hanno mai sottoscritto un abbonamento alla RAI o che hanno effettuato regolare disdetta del canone, chiedendo, senza per altro sapere se si è in possesso o meno di un apparecchio televisivo, il versamento del canone, in caso contrario minacciano apertamente l’esecuzione dei necessari controlli.

Insomma per quest’agenzia gli italiani sono tutti in possesso di un apparecchio televisivo e sono passibili quindi accertamenti, perquisizioni etc. Ma io non credo che questi signori possano arrogarsi il diritto di importunare vigliaccamente le famiglie italiane con queste atipiche e illegali missive? Ma rimane sempre il solito problema di fondo, già, rimane sempre quello: chi deve pagare il Canone RAI? E perché? Lo si deve pagare anche se non si ha una televisione ma si utilizza un personal computer? E chi lo dice? Dopo anni di scaricabarile istituzionale dove l'unica certezza è data dal fat-to che qualcuno il Canone lo riscuote, si torna a chiedere questa volta in Parlamento una parola definitiva, una chiarezza su quello che è divenuto uno dei grandi misteri italiani.

"Canone Rai anche per un pc? Una domanda semplice, una richiesta di chiarezza elemen-tare che da anni si rivolge ad ogni possibile istituzione competente, senza successo alcuno e che oggi è stata riproposta con una interrogazione parlamentare sperando di ottenere finalmente una risposta". Credo sia giunto il momento di dire basta alle minacce e che il canone sia abolito, anche se qualcuno alquanto interessato sostiene che è improponibile perché "per la tv pubblica esistono precisi e molto limitati tetti di pubblicità che le tv commerciali non hanno". Ma gli utenti non la pensano così, gli utenti pensano che il tetto dovrebbe esserci anche per gli stipendi dei dirigenti, per i milionari contratti dei soliti personaggi e degli ospiti super pagati della televisione pubblica. Fortunatamente non sono l’unico a pensarla cosi e oggi il

Canone RAI è a rischio. La quantità di denaro dei contribuenti che ogni anno confluisce nelle casse della Radiotelevi-sione di Stato potrebbe diminuire drasticamente, il fiume ininterrotto potrebbe interrompersi, forse persino del tutto. Ieri il senatore del PDL Alessio Butti ha confermato che sta per depositare al Senato una proposta di legge che mira alla riduzione del Canone, una riduzione che però non basta agli alleati della Lega, che reclamano l'abolizione.

giovedì 17 luglio 2008

I giganti di Monti Prama

"L'ARMATA SARDA DEI GIGANTI IN PIETRA PERDUTA IN UNO SCANTINATO".

Un esercito nuragico in pietra, il più antico e ricco complesso statuario del Mediterraneo. Portato alla luce da un aratro vicino a Cabras, nella Sardegna degli anni Settanta, e poi finito in una soffitta, dimenticato. È l’incredibile storia dell’armata di Monti Prama, dal nome della località in cui sono state rinvenute: arcieri, pugilatori e lottatori fino a due metri e sessanta di altezza, trenta guerrieri in arenaria di ottima lavorazione e scalpello. Occhi a centri concentrici, bocche appena accennate, elmi e trecce, busti con abiti scollati, braccia decorate con bracciali e motivi geometrici, che scagliano frecce, brandiscono spade e impugnano scudi. I giganti dai volti fissi, custodi di un’area sacra millenaria, sono i guerrieri di un esercito seppellito due volte. La prima, nel più fitto mistero, trenta secoli fa, quando le statue sono state misteriosamente distrutte. La seconda, tre decenni fa, quando i quasi quattromila frammenti rinvenuti sono stati sigillati in duecento casse e nascosti negli scantinati del museo archeologico di Cagliari. l’Accademico dei Lincei Giovanni Lilliu arrivò sul posto con un suo allievo. Il suo commento fu: “Il cielo si è adirato con noi per questa scoperta”, riferendosi forse al temporale in corso la notte dell’ispezione. La frase dell’accademico la dice tutta sull’imbarazzo creato in seno alla “Scienza Ufficiale” da queste statue “che non dovevano essere”. Tant’è che le statue finirono in fondo a un magazzino per un trentennio, fino a che qualcuno decise di rompere la cortina di silenzio. Nonostante ciò Lilliu scrivesse: “L’importanza straordinaria dei reperti stimola a superare l’imbarazzo di presentarli agli studiosi”. Un imbarazzo ad oggi inspiegabile, forse dettato dalla necessità di gettare al macero anni di studio sulla civiltà nuragica, ritenuta “minore”. Il sovrintendente di Sassari e Nuoro, Vincenzo Santoni a luglio 2005 inviava ai giornali una lettera per spiegare che il ritrovamento dei giganti di Monti Prama non era certo un ritrovamento cruciale. E che perciò l'entusiasmo di alcuni era «non motivato» Ma ora ritratta e dice che le statue giganti del Mediterraneo sono figlie dei nuraghi e non della civiltà greca.

Finalmente nell’ottobre del 2006 i Giganti sono stati esposti al pubblico presso il centro di restauro e diagnostica di Li Punti (SS). Un oblio durato trentadue anni che non si spiega se non come una deliberata manovra di “mistificazione storica, di auto castrazione culturale, di degradazione di tutto ciò che appartiene alla storia del nostro Popolo”. Gli eruditi, i signori dell’archeologia, quelli non imbecilli avevano capito che le sculture, alte dai 2,60 ai 3 metri, riprendono le figure tipiche dell’iconografia nuragica che la nostra archeologia tradizionale limita alla statuaria minore, quella dei bronzetti. Guerrieri, lottatori, arcieri, pugili che risalgono al periodo del Bronzo Finale, tra il IX e l’XI secolo a.C, anticipando di tre secoli la statuaria a tutto tondo della civiltà greca arcaica. Ma era tremendamente scomodo dover riscrivere in relazione a una simile scoperta l’intera storia, non soltanto artistica, dell’umanità. Perché qualcuno avrebbe dovuto farsi carico delle stronzate scritte per anni scopiazzando ed interpretando a loro favore alcuni scritti antichi, senza aver svolto opportune ricerche e nonostante alcuni studiosi internazionali avessero in parte chiarito alcuni aspetti della storia in Sardegna.

Quanti sarebbero saltati se il mondo, la gente, avesse saputo la verità? La verità di un popolo che non è stato nano e barbaro, ma di una civiltà evolutissima e unica al mondo, capace di scrivere, navigare, costruire, pregare, scolpire prima ancora che i grandi popoli conquistatori del Mediterraneo vedessero i propri albori. Quanti, tra i cosiddetti studiosi, scivolerebbero giù dai loro dorati scranni se questo popolo di pietra, magari, ci confermasse anche che sì, la Sardegna è proprio quell’Atlantide di cui vagheggiava il signor Platone? Qualcuno, approfondendo gli studi, potrebbe addirittura arrivare a comprendere le effettive ragioni della presenza di una ziqqurat nelle campagne del sassarese (il cosiddetto altare di Monte d’Accoddi): ma siamo pazzi?!

Eppure da anni alcuni studiosi di fama internazionale hanno più volte scritto qualcosa che avrebbe dovuto risvegliare il lungo sonno degli interessati studiosi nostrani, dei venerabili maestri dell’archeplogia che vedono ovunque fenici e punici e una Sardegna super dominata daiai più disparati popoli. A riprova di ciò la Patrizia Phillips, in “La preistoria d’Europa” ha scritto che la presenza di ossidiana sarda nella Corsica e in nord Italia, viene datata all’ottavo millennio. Misurazioni del Bailloud effettuate nel 1972. Proveniente dalla Sardegna era il più forte indicatore dell’attività marittima nell’ovest mediterraneo a quei tempi (opera di Allen Lane, Penguin booksLtd. London 1980 pag.157/171) Non dimentichiamo inoltre il monito lanciato da John Bowle, un altro grande studioso che in A History of Europe, fin dal 1979, così scriveva: Oggi sappiamo che la diffusissima cultura megalitica diffusa da Malta e alla Sardegna, alla penisola Iberica, alla Bretagna, alle isole Britanniche e alla Danimarca, risale per lo più al neolitico, è più antica della civiltà egiziana e delle piramidi. Senza contare tutti quegli studiosi che sostengono da anni che le datazioni storico-cronologiche vanno ritoccate di almeno 1.000 anni.

Qualcuno ha detto che gli studi si sono arenati “per mancanza di fondi”. Che vergogna, eh… la colpa è sempre dei soldi che non ci sono mai, non di chi infila la testa sotto la sabbia per paura di fare una figura di merda e di perdere il proprio prestigio intellettuale. Fortunatamente oggi in Sardegna ci sono personaggi tra i quali Leonardo Melis, Paolo Valente Poddighe e prima di loro Carta Raspi che non si sono fermati continuano le loro ricerche anche contro i parerei dell’archeologia ufficiale e lavorano alacremente per portare sotto gli occhi di tutti la vergogna di questo processo di depauperamento culturale ed identitario che i Sardi subiscono costantemente sotto i colpi di un fine e subdolo cesello oscurantista. Ma questo depauperamento non è solo una questione, tutta nostra, di autostima. Riguarda i Sardi, certo, ma i Sardi come parte determinante nella costruzione della cultura di tutti. Riguarda il mondo intero, bramoso di ottenere i tasselli che mancano per capirsi meglio. é una questione culturale, artistica, politica, economica. E, detto tra noi, la totale assenza di onestà intellettuale dimostrata dagli addetti ai lavori è nauseante in maniera micidiale. Non si riesce a rimanere stupiti, sconcertati, e nemmeno indignati, assuefatti come siamo alle vergognose manovre dei vari poteri nelle loro varie forme).

sabato 12 luglio 2008

Milioni di persone hanno fame....

La Fame, la nutrizione insufficiente e la miseria significano, per coloro che ne sono afflitti, umiliazione, sofferenza e morte, per noi sul piano civile e culturale, vergogna e inciviltà…

La fame di parte della popolazione mondiale è un problema che si è sempre riscontrato durante la storia, ma nell’epoca moderna più che mai: oggi, infatti, si sente sempre più spesso parlare di miseria e di fame nel mondo. Una questione che riguarda quei paesi che non sono ancora abbastanza evoluti tanto da sfamare l’intera popolazione; varie cause sono: scarsità di proventi dello stato, che non può finanziare opere che potrebbero migliorare la situazione; oppressione delle regioni arretrate da parte dei paesi più progrediti; perfino la mentalità della popolazione stessa può influire sul mancato apporto di nutrimento. Il problema della fame nel mondo è sicuramente legato comunque a più fattori: alla mancata distribuzione delle risorse, alla crescita demografica eccessiva di certi popoli. Il principio che il numero dà potenza a una nazione è duro da vincere, specialmente in certi Paesi: l'idea che "più siamo meglio è" fu sconfitta più volte dalla realtà. Al fatto che molte regioni africane o sudamericane, invece, soffrono dell’oppressione di aziende multinazionali che sfruttano le risorse del luogo approfittando, ad esempio, della povertà dello stato e non sostengono gli abitanti dalla miseria che esse stesse provocano. Si stanno facendo molti sforzi per migliorare questo stato di cose, anche con l’aiuto dei paesi più progrediti, che stanziano finanziamenti a favore delle regioni più povere; ma ciò non basta per compensare i danni provocati dalle aziende multinazionali o dalla mentalità stessa delle persone che vivono negli stati interessati: le imprese dovrebbero cessare questa loro attività di sfruttamento, molto spesso incontrollato, delle risorse che appartengono ad una regione che ne ha più bisogno, per dargli la possibilità di riprendersi economicamente.

La Fao chiede di raddoppiare la produzione di alimenti per il 2030, per non trovarci tutti in gravi crisi alimentari. Questo fatto è improbabile che avvenga, per motivi economici, per i monopoli commerciali e per le speculazioni. Solo una drastica diminuzione delle nascite potrà evitare terribili carestie: forse tutto questo non ci riguarda, perché la fame sarà per i popoli dell'Africa, dell'Asia, forse dell'America Latina. Ma non possiamo mangiare solo noi e fregarcene di chi crepa e creperà di fame. La nostra indifferenza ci schiaccerà prima o poi. Tutti sanno che uno dei problemi più gravi del nostro mondo è la disponibilità di acqua potabile. Le Nazioni Unite si sono poste l'obiettivo di rendere disponibile l'acqua potabile al maggior numero possibile di persone nel mondo e buoni risultati sono stati raggiunti, anche se nell'Africa sub-sahariana l'acqua resta ancora un problema quotidiano. Ogni anno nel mondo un milione e mezzo di bambini di età inferiore ai cinque anni muoiono di dissenteria, perché sono esposti ad acque contaminate. Ma forse non tutti sanno che un altro problema grave è l'accesso ad adeguati servizi igienici, punto chiave insieme alla disponibilità di acqua potabile nella prevenzione delle infezioni gastrointestinali e delle morti per dissenteria, soprattutto nei bambini. Purtroppo a differenza dell'acqua potabile, l'obiettivo di diminuire il numero di persone che non dispone di servizi igienici adeguati non ha fatto sostanziali passi avanti né in Africa, né in molti dei Paesi in via di sviluppo e neanche in quelli ad economia emergente. Gli esperti sostengono che servizi igienici anche minimali, fatti con mezzi di fortuna ed a basso costo, potrebbero abbattere in maniera significativa il numero delle infezioni e delle morti per dissenteria e salvare ogni anno decine di migliaia di vite umane, soprattutto vite di bambini.

Sui risultati del vertice dei capi di Stato del "G.8", riuniti in Giappone per risolvere o, almeno ridurre, le contraddizioni ancora esistenti sul nostro pianeta, visto l'esito delle precedenti riunioni, ho delle perplessità. Prendo spunto dalla notizia che il Canada, socio tra i grandi della Terra, ha prodotto e sponsorizzato una birra analcolica per cani (con tutto il rispetto per gli animali) mentre in altri Paesi si muore ancora per mancanza di cibo e acqua potabile: c'è qualcosa che non funziona. La tanto decantata globalizzazione, con i suoi pregi e difetti, non è riuscita ancora a rimuovere gli ostacoli che impediscono il benessere comune dell'umanità.

Quanti bambini si potrebbero salvare con la somma che viene utilizzata per comprare questo?

lunedì 7 luglio 2008

Sardegna nel cuore e nella mente....

No isco itte mi suzzedit candito arrivo in Sardigna a serentina. Istraccu, calchi ia no isco mancu inue so e inue fia candho so ancora in altu e incominzan'a s'iere sas primas lughes de sa costerà. Podimus esser'in tott'ue... mi naro, e tneditendhe sos pensamentos sighin'a currere in s'altu 'e logos chi no sun de nisciunu ma de su coro o de sa notte prufundha. Candho poi sos primos passos carignan sa terra su profumu 'e s'aera e de sos fiores m'ischidat e mi narat "Benennidu! Arrividu a domo ses...". Mi peso tandho a nou coment'e prò incantu e mi connosco intro cun sos ammentos chi mi giughen attesu a sa campagna e a sas pessones mias cun sos sonos chi connosco mezus de tottu, mezus de sa Musica chi fatto e chi mi giughet attesu. So cuntentu tandho, ca cuntresto cun custa terra e l'isco solu eo, comente chi siat unu misteriu o unu pattu sizidu in tempus antigu. "...Hap'a torrare a morrer'inoghe... ispero..." mi naro, e so già pensendhe a candho poto tuccare un'attera oliai.

Testo di Paolo Fresu

Traduzione

Non so cosa mi succede quando arrivo in questi luoghi di sera. Così stanco, qualche volta non so neanche dove sono e dove ero quando sono ancora in alto e si intravedono le prime luci della costa... Possiamo essere ovunque... mi dico, e meditando i pensieri seguono la loro corsa verso l'alto dei luoghi che non appartengo¬no a nessuno, ma sono del cuore e della not¬te profonda. Quando, poi, i miei passi accarezzano la terra il profumo dell'aria e dei fiori mi sveglia e mi sussurra "Benvenuto! Sei arrivato a casa...". Mi ergo, allora, come nuovo per incanto e mi riconosco dentro con i ricordi che mi portano lontano, alla mia campagna e ai miei cari, con suoni che conosco più di ogni altra cosa, meglio della Musica che faccio e che mi porta lontano. Allora sono contento, perchè parlo con questa terra e solo io so questo, come per un mistero o un patto segnato in un tempo antico. "...Ritornerò a morire qui... spero..." mi dico, e sto già pensando a quando potrò ripartire un'altra volta!

STORIA DI MARCO DIANA

SERVITORI DELLO STATO, STORIA DI MARCO DIANA

La storia che vi racconto ci riporta un pò indietro, negli anni dello scandalo sull'uranio impoverito usato durante una delle tante missioni alla quale l'Italia partecipò. Tra quei militari, c'era anche Marco Diana, Maresciallo dei Granatieri Di Sardegna, che partecipò a tutte le missioni prima del 1998. Oggi Marco è malato di cancro, e per lo Stalo è già morto, qualche anno fà, quando nella lista della commissione d ' inchiesta sull 'uranio impoverito, era presente anche il suo nome. Percepisce solo la pensione minima, nonostante gli sia stata riconosciuta l'invalidità per causa di servizio. Non solo, per le cure che sta affrontando, ha bisogno di vari spostamenti e di farmaci che hanno un costo, ma nulla di tutto questo gli viene coperto dallo Stato.
Oggi il Maresciallo Diana chiede la medaglia a valor militare, il suo desiderio è poterla stringere tra le sue mani, ma i tempi si allungano. Lo Stato sembra assente e ottuso, continua a rimandare indietro tutta la documentazione che Marco presenta, affermando che : "la sua persona non è stata usata in modo improprio da giustificare le sue richieste" . Credo che al contrario, lo Stato ne abbia la responsabilità, soprattutto quando manda i suoi uomini in missione, e credo sia ancor più doveroso un riconoscimento ad una persona che ha dato la propria salute e sta dando la propria vita alla Bandiera Tricolore.
L'ex comitato "Titti Libero" ha deciso da tempo di sostenere e aiutare Marco in questa battaglia, provvedendo all'invio di una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, perchè interceda ad accelerare i tempi ( troppo lunghi ), affinchè venga restituita al Maresciallo,in termini economici e morali, quello che gli spetta. Inutile dirvi che al momento non è pervenuta nessuna risposta. Così abbiamo deciso ancora una volta di usare internet contro il muro del silenzio.

Abbiamo aperto una petizione che trovate a questo indirizzo: www.firmiamo.it/marcodiana

Ma chiediamo a tutti quelli che leggeranno questo articolo, e a chi naturalmente ne ha la possibilità, di aiutarci a divulgarlo. Marco Diana ha già dato tanto per il suo Paese, ora tocca a noi dargli una mano. Ringrazio quanti si sono soffermati a leggere queste righe.

http://blog.libero.it/noaisequestri/

domenica 6 luglio 2008

La Necropoli di Anghelu Ruju

La Necropoli di Anghelu Ruju è un complesso tombale prenuragico situato a 10 km da Alghero, sulla strada per Porto Torres. La necropoli di Anghelu Ruju venne scoperta casualmente nel 1903, nel corso di lavori di cava di materiale che doveva servire per la costruzione di una casa colonica. Nel corso di scavi per la costruzione di una casa colonica. Fu trovato un cranio umano e un vaso tripode. Antonio Taramelli, da poco arrivato alla direzione dell’Ufficio delle Antichità della Sardegna inizio ai primi scavi nel 1904 e trovò 10 ipogei ulteriori scavi hanno permesso di trovare altre tombe e oggi si possono visitare 38 domus de janas: sono grotticelle funerarie scavate artificialmente nella roccia d’ arenaria calcarea distribuiti in maniera irregolare in una zona pianeggiante, nei pressi di un piccolo torrente. Si tratta di una delle più vaste necropoli della Sardegna ed è una delle aree archeologiche più importanti del Mediterraneo. La necropoli, nella quale si praticava l'inumazione di popolazioni dedite alla pesca e all'agricoltura, risale al neolitico recente al periodo della Cultura di Ozieri (3000 a. C.).

Le groticelle hanno planimetrie con schemi articolati, per lo più complesse (fino a 11 vani), mentre solo una tomba, la 26, è monocellulare. Presentano prevalentemente soffitti tabulari. Sono del tipo a proiezione verticale e orizzontale, ossia accessibili attraverso un pozzetto verticale o un lungo corridoio (o "dromos") discendente, talvolta di dimensioni monumentali, quasi sempre provvisto di gradini che immettono nel vestibolo. L'evoluzione architettonica, avvenuta nelle diverse fasi di utilizzo della necropoli, è messa in risalto dai vari tipi di tombe, ed è visibile nelle differenze di accesso (la più antica a calatoia, la più recente a dromos) e negli ambienti a forma rettilinea o curva. Le pareti di alcune tombe ed in particolare la 28° e 30° presentano decorazioni architettoniche: false porte, pilastri, colonne e bassorilievi rappresentanti protomi taurine, ovvero teste di toro, animale sacro per gli uomini della Cultura di Ozieri che proteggeva il sonno eterno. La necropoli ha restituito reperti molto significativi, tra cui vasi, , armi, vaghi di collana ed altro piccoli idoli femminili, statuette di dea madre, che permettono di datare l'impianto della necropoli al Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) e attestano il suo utilizzo fino nell'età del Rame e del Bronzo (culture di Filigosa, Abealzu, Monte Claro, del Vaso Campaniforme, Bonnanaro: 2800-1600 a.C.).

Tuttavia, secondo alcuni studiosi occorrerebbe comunque retrodatare le varie epoche. A riprova di quanto detto Patricia Phillips, in "La preistoria d'Europe" ha scritto che: la presenza di ossidiana Sarda nel sud-est dell'isola di Corsica (ma anche nel nord Italia), viene datata all' VIII millennio a.C., e precisamente al 7.700 a.C., misurazioni effettuate nel 1972 da Bailloud. Altre nuove e sostanziali modifiche alle datazioni preistoriche delle civiltà megalitiche europee (comprensive del nuragico Sardo-Corso) sono da attribbuire a Colin Renfrew.

giovedì 3 luglio 2008

Alghero

La storia

La città, fondata dai Doria nel 1102, appartenne alla famiglia genovese per due secoli e mezzo e, nel corso delle lotte tra Pisa e Genova per il predominio assoluto sull'Isola, fu un baluardo di notevole importanza per la seconda. Si arrese ai. Pisani solo nel 1283: attaccata per mare da una squadra pisana,, comandata da Andreotto Saracini, e per terra dalle truppe del giudice di Arborea Mariano, alleato dei Pisani, dopo ventotto giorni di assedio, fu costretta ad arrendersi, ma per breve tempo. Nel 1353, quando la squadra genovese fu sconfitta da quell’aragonese nelle acque di Porto Conte, la città cadde in mano degli Aragonesi e ne fu dato il comando a un barone catalano; Gisperto di Castelet. A nulla valse un'insurrezione contro gli Aragonesi, scoppiata l'anno seguente e appoggiata dal giudice d'Arborea. Né alcun esito ottenne un asse-dio, posto dai Genovesi alla città nel 1374. Alghero rimase in mano degli Aragonesi. Nel corso delle lotte tra l'Arborea e l'Aragona, nel 1391, si ordì nella città una congiura in favore dell'Arborea. La congiura venne scoperta e i con-giurati vennero cacciati dalla città, che un anno dopo fu inutilmente assediata da Brancaleone Boria, marito di Eleonora d'Arborea. Nel 1412 un altro tentativo di conquista venne compiuto con esito sfavorevole da truppe arborensi, comandate dal visconte di Narbona Guglielmo. La rocca, fortificata, per tutto il periodo delle lotte tra Aragona e Arborea rimase un inespugnabile baluardo. E un baluardo fu anche all'epoca della dominazione spagnola. Eretta a città con diploma regio nel 1503, rocca o villa in precedenza, visitata da Carlo V, che da Alghero partì per la spedizione d'Africa, respinse nel 1660 un attacco francese. Nel 1717 quando fu attuata nell'Isola la spedizione voluta dal Cardinale Alberoni, che mirava a far ritornare la Sardegna austriaca dal 1713 sotto la Spagna, Alghero, assediata, capitolò e tornò sotto gli Spagnoli. Ma nel 1720, come tutta l'Isola, passò sotto i Savoia, sotto i quali mantenne comunque la sua importanza.

Alghero vecchia

Alghero vecchia. Gli abitanti di Alghero sono soliti chiamare così il borgo antico. Fino alla metà dell'ottocento, i forti spagnoli, dal lato di terra e la cinta muraria che ha circondato la cittadina, vennero in gran parte demoliti per-ché ne condizionava l'architettura, lasciando sfociare in un crescendo di nuove vie e di belle costruzioni, la nuova Alghero. Gli attuali bastioni sono solo una parte del grandioso sistema di fortificazioni che avevano elevato gli aragonesi, verso la metà del 1800 furono abbattute perché viste come un ostacolo allo sviluppo della città. Il primo bastione che s'incontra, tra il moderno lungomare Busquets ed il por-to, è il bastione della Maddaleneta. Qui una lapide ricorda Giuseppe Garibaldi che vi approdò con il “ Lombardo ” il 14 agosto 1855, quando, per guadagnarsi la vita, svolgeva il piccolo cabotaggio nelle acque settentrionali sarde. Nelle sue mura sono aperte due piccole porte a mare, percorribili solo a piedi. Alla destra del forte si trova la vera Porta a Mare, questo era il principale ingresso della cit-tà, attualmente è l'ingresso all'alcova delle ammiccanti botteghe del centro storico. Una scalinata sulla destra della Porta conduce sul Bastione Magellano, dal quale si gode un fantastico panorama sul porto e su tutta la riviera. Da questo punto si può arrivare alla cattedrale, oppure si può proseguire a-vanti attraversando un piccolo ponte e arrivando ai piedi dei gradini della tor-re di Sant'Erasmo. La fortificazione continua con l'antico bastione Pigafetta, passando attraver-so due torri: quella affacciata sul mare è la Torre della Polveriera; quella interna è la Torre della Campana. Alla fine della lunga via si trova la Torre di San Giacomo. L'ultimo tratto di fortificazione è costituito dai Bastioni Marco Polo, i quali terminano in corrispondenza della Torre di Sulis. Lo stesso appellativo è stato dato alla piazzetta antistante, anche se la gente del luogo la chiama molto più semplicemente "piazzetta", la quale si può con-siderare il vero fulcro della vita notturna durante l'estate. In questo punto si trovano i P.R. e i bus delle varie discoteche, negli accoglienti bar del circondario si consumano cocktail o rinfrescanti gelati, da qui si parte per fare quattro passi attraverso il moderno bastione del Lungomare Dante, chiamato fa-miliarmente "Passeggiata". I palazzi di Piazza Civica, il palazzo Guillot in via Gilbert Ferret, il bellis-simo Palau Reial, la chiesa di San Francesco, il palazzo Machin, sono i pila-stri fondamentali di quello che viene definito il "quartiere Gotico". Tale nome è stato preso dall'analogo quartiere di Barcellona e Alghero stessa, veniva chiamata Barcellonetta.