martedì 29 gennaio 2008

I sardi e il cavallo

S’ omine balente s'idet a caddu, l'uomo che vale si vede a cavallo, dice un'antica massima dei sardi. E si spiega. All'alba della storia, soltanto i più forti e i più coraggiosi riuscivano a catturare quegli animali selvaggi, e a domarli per servirsene nella pace e nella guerra. Per que-sto, il bambino sardo cominciava il suo addestramento di futuro cavaliere montando sui piccoli asini e poi - aggrappato al padre o al fratello maggiore - sui cavalli di cui imparava a conoscere vizi e virtù, fino al giorno in cui avrebbe avuto il permesso, di cavalcare da solo, davanti a tutto il paese: questo, per lui, voleva dire l'ingresso nella società degli adulti, nuovi doveri ma anche nuovi diritti, come per il giovinetto romano quando indossava la toga virile, consapevole che da quel momento ogni cosa che avesse detto e fatto avrebbe avuto un peso diverso per gli altri uomini quanto per sé. E per le donne, finalmente. Nel solco di queste memorie, la Sarde-gna rinnova ancora oggi, a cavallo, il gusto della sfida e l'orgoglio della balentia. Le occasioni sono diverse, ma sempre nel segno di un'autenticità culturale che l'isola, nobilmente, ha saputo conservare anche davanti alle telecamere. Durante il Carnevale di Oristano, per citare soltanto una delle sagre più pittoresche, si corre la Sartiglia. Manifestazione di cui ho parlato in un post precedente.
Dalle acrobazie equestri di Oristano, risalendo la valle del Tirso, si passa a S'Ardia di Sedilo, la cavalcata, spericolata e impressionante, svolta in un difficile percorso a briglia sciolta Lo sfrenato galop-po dei balenti di Sedilo, che tutti gli anni commemorano la vittoria di Costantino il Grande contro Massenzio, nell’anno 312. I cavalieri si sfidano in onore di San Costantino, familiarmente invocato come Santu Antine. I pastori fantini partono in una corsa sfrenata verso il santuario di Santu Antine, per immettersi nel quale è necessario attraversare un portale dell’ampiezza di due metri sul quale si gettano, fra spari e grida, circa 120 cavalli. Il fantino dimostra avere un vero e proprio coraggio. Freme alla partenza, così come per tutta la cavalcata. Sembra quasi divenire un tutt’uno con il proprio cavallo. Il sedilese che ha in mano le redini, giovane o anziano, non ha paura e si lancia nella mischia pronto a rischiare quasi la morte. Lo sguardo del fantino è cupo, misterioso. Egli vive mi-nuti d’agitazione, di ansia. Portare a termine la corsa è un dovere e un voto allo stesso tempo. Il culto di questo santo, introdotto in Sardegna ai tempi dell'impero d'Oriente, non venne poi riconosciuto dalla Chiesa d'Occidente, che pure tanto doveva a Costantino, primo imperatore cristiano; ma è inuti-le aggiungere che questa ingratitudine avrebbe reso ancora più profondi e più stretti i legami della devozione popolare. La corsa è chiamata S'Ardia, che non significherebbe "prova d'ardimento" come si è portati a pensare, quanto "protezione" (ardore, nell'antico dialetto logudorese, sta per vigi-lare, difendere): i cavalieri si produrrebbero così nella parte della guardia imperiale di Costantino. Secondo altre fonti, S'Ardìa avrebbe ancora un significato di guardia, ma questa volta penitenziale: è un fatto che prima di entrare nel tempio di Costantino i devoti gli girano intorno chiedendo perdono per i propri peccati, e con rituali analoghi si fa penitenza anche in altri luoghi sardi, attorno alle chiese dei Santi patroni. L'Ardia si corre il 6 e il 7 di luglio, dopo una intensa vigilia. Il capo corsa, detto Prima Bandiera, è designato da tempo in un antico registro custodito nella casa parrocchiale: si tratta, di solito, di qualcuno che vuole sciogliere un voto. Al termine della cavalcata, se si rimane per alcune ore tra cavalli, fantini e gente del paese, ad os-servare, completamente immersi nel loro ambiente, sguardi, chiacchiere, risate. Se si prova a chiu-dere gli occhi e a immedesimarsi in quel luogo misterioso, si sente l’eco degli scalpitii degli zoccoli dei cavalli che innalzavano il grosso polverone, il rumore delle frustate, il respiro affannoso e l’odore del sudore del cavallo che al naso pare quasi gradevole. Si percepisce la quasi disperazione di uomini che non hanno potuto partecipare e l’orgoglio e la soddisfazione di chi invece ha avuto l’onore di montare. Solo allora si capisce che cosa è l’Ardia.

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