Il cane sardo, mastino fonnese, una razza canina antica di 2.500 anni discriminato non ha trovato spazio nella lista delle razze italiane redatta dall'Ente Nazionale della cinofilia Italiana.
Il Cane di Fonni è conosciuto anche come mastino fonnese o pastore fonnese, ma è chiamato ca-ni fonnesu antigu nell'ambiente pastorale, spinone fonnese dai cacciatori e cani sardu antigu da-gli anziani di tutti i paesi della Sardegna, oppure semplicemente Fonnese. Allo stato attuale può parlarsi di popolazione canina anche se la razza fonnese viene apprezzata in Sardegna da più di duemila anni. Stiamo parlando di un antico e raro cane un tempo presente in tutta l'Isola e sicuramente molto più comune di oggi che soprattutto nel paese di Fonni, dove viene chiamato "ane 'e accappiu" (cane da catena o da guardia), si è conservato forse nel nucleo più originario perché gelosamente tramandato da padre a figlio. I ceppi originari degli animali prendono il nome dalla famiglia allevatrice da generazioni. I cani fonnesi secondo la storiografia tradizionale accreditata, discenderebbe dall'introduzione dei cani addestrati per la caccia all'uomo operata dal console romano Marco Pomponio Matone nella campagna del 231 a.C. Questi, al comando di una nutrita guarnigione di legionari, venne inviato in Sardegna per sedare le frequenti rivolte che si sviluppavano soprattutto nelle zone montane e dell'interno. Per stanare i ribelli "pelliti" dai loro rifugi venivano, appunto, impiegati dei ferocissimi mastini opportunamente addestrati (canis pugnax). Uno studio interessante al quale sta lavorando da tempo un ricercatore della facoltà di Medici-na Veterinaria dell'Università di Sassari, il dott. Marco Zedda del Dipartimento di Biologia Animale, ipotizza appunto che i cani a suo tempo portati dai romani per stanare i sardi fossero cani da seguito, segugi o veltri, mentre mastino o molosso poteva più verosimilmente essere il cane locale, il discendente di quello appartenuto all'uomo nuragico fosse esso pastore, cacciatore o guerriero, raffigurato nei bronzetti esposti nel museo nazionale di Cagliari e testimoniato dal rinvenimento di alcuni reperti ossei. Questa ipotesi mi vede concorde con il ricercatore e potrebbe essere compatibile con l'unico graf-fito del genere rinvenuto, che testimonierebbe la presenza in Sardegna di un grosso cane dalla coda mozza già prima dell'avvento romano. Il fonnese è un cane di intelligenza superiore, longevo (da cuccioli sono sensibili alle gastroente-riti ma, se curati, raggiungono senza problemi età ragguardevoli, anche superiori ai venti anni), rustico, prolifico ed ha fondamentalmente un buon carattere anche se è predisposto all'aggressi-vità; inclinazione quest'ultima che emerge sicuramente se lo si vuole rendere tale o se viene mal-trattato ma anche se non viene allevato adeguatamente: necessita, soprattutto il maschio, di un padrone autorevole da riconoscere come "capobranco", al quale si lega in modo totale e con il qua-le stabilisce una intesa non comune. Difenderà il proprio padrone, la sua famiglia e la loro proprietà da ogni violenza o intrusione di estranei nei confronti dei quali sarà molto diffidente ed aggressivo, ammettendo comunque gli ospiti con i quali si comporterà bene, pur rimanendo guardingo.
Giovanni Valtan nel 1899, "In Sardegna", scrive: "famosi per l'istinto cattivo e sanguinario sono i mastini detti cani di Fonni, grossi alani robustissimi e d'una ferocia inaudita (…) la loro forza è tale che permette loro di arrestare un bue od un cavallo afferrando coi denti la capezza o adden-tandoli per l'orecchio (…) sono ottimi cani da guardia ma troppo pericolosi (…) devono stare sempre legati (…) che se per disgrazia la catena si spezza, saltano alla gola del primo malcapita-to, e con un morso formidabile gli rompono le arterie (…) due di questi cani dell'età di un anno fu-rono pagati cinquecento lire dall'impresa austriaca delle escavazione dei porti di Sardegna, ma erano così feroci che il guardiano dovette accompagnarli da Fonni a Trieste (…) il guardiano stesso deve stare bene accorto (…) la loro mole è considerevole, hanno il corpo tozzo, il muso lar-go, dalle robuste mascelle, le orecchie piccole ed erette, le zampe muscolose, il petto ed il collo larghi e leonini, la coda corta (…) il manto fulvo dal pelo fitto e corto e lo sguardo fiero e molto intelligente".
La ferocia, un ottimo olfatto e l'udito finissimo sono le caratteristiche che fecero di questi animali dei cani da guerra e come tali furono impiegati nella campagna d'Africa, in Libia, per prevenire gli attacchi agli accampamenti italiani da parte dei ribelli Senussi i quali, strisciando tra i canne-ti, cercavano di entrare nelle linee italiane. I Senussi erano gli affiliati ad una confraternita musulmana fondata da Muhammad ibn Alì al Senussi (1787-1859) che riunì i suoi seguaci nello Stato "senussita" fondato in Cirenaica, con ca-pitale Giarabub, che fu distrutto dal governo coloniale italiano e, rinato dopo la seconda guerra mondiale, fu inglobato, federato, nel regno di Libia. Il sergente Antonio Coinu, nativo di Fonni, nell'anno 1912 fu incaricato dal comando militare della requisizione di mastini fonnesi. Ne furono presi centodieci nel solo paese di Fonni, comprese le femmine, ed i rimanenti reperiti in tutta la Barbagia, l’Ogliastra e nel resto dell’isola; questi furono pagati cinquanta lire ciascu-no. L'imbarco dei cani e degli istruttori avvenne a Cagliari il 20 Aprile 1912 sui piroscafi India e Prin-cipe Amedeo e, giunti a destinazione, gli stessi vennero suddivisi in cinque plotoni ed impiegati a Derna, Tobruk, Homs e Bengasi. Ma per Ente Nazionale della cinofilia Italiana non esistono.
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