martedì 13 gennaio 2009

I conti con Gheddafì e la guerra dei barconi

Pareva che, grazie alla mediazione di Silvio Berlusconi, i problemi con Muhammar Gheddafì fossero risolti per sempre. Gli accordi erano più che chiari: noi caliamo le braghe e diamo al dittatore libico tutto quello che desidera, gli mettiamo a nuovo il Paese con i soldi delle tasse degli italiani, gli costruiamo l'autostrada e una serie di ospedali e lui in cambio ci perdona per tutto quello che gli italiani hanno costruito durante il periodo coloniale e contestualmente smetteranno come per incanto le partenze dei barconi di immigrati clandestini dalle coste libiche.

A fronte degli indennizzi per 5 miliardi di dollari che l'Italia ha stanziato per «voltare pagina» rispetto al periodo dell'occupazione coloniale, ci attendevamo infatti la piena collaborazione da parte della Libia nel contrasto all'immigrazione clandestina e l'attuazione dell'accordo già firmato nel dicembre 2007 per il pattugliamento congiunto delle coste libiche dalle quali salpano fiumi di migranti verso Lampedusa. L'accordo si basa su una somma di 200 milioni di dollari all'anno per i prossimi 20 anni, sotto forma di investimenti in progetti infrastrutturali in Libia.

Non vorrei pensare male ma a giudicare dal ritmo con cui avvengono gli sbarchi, oserei dire che l'azione di prevenzione libica non stia dando i risultati sperati: Gheddafi non sta rispettando gli impegni oppure non è capace di tenere sotto controllo in maniera efficace quelle coste. Alziamo ancora le mani e continuiamo a farci prendere in giro? Gli strumenti per far valere le nostre ragioni li abbiamo. Gheddafi ha investito molti milioni di euro in Italia comprando azioni di varie aziende, banche, squadre di calcio e compagnie petrolifere. Il sequestro di queste azioni fino a quando non cesseranno, gli sbarchi è un'azione alla portata di qualsiasi magistrato, basterebbe che le autorità italiane mostrassero con lui la stessa prepotenza che sono solite mostrare nei confronti di noi italiani. È quindi solo una questione di volontà di mettere in atto certe azioni punitive.

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