Giorni fa a Palermo due ragazzi in sella a un motociclo sono fuggiti all'alt della polizia e nella fuga si sono schiantati perdendo la vita. Il padre di uno di questi chiede giustizia e dice: «Qualcuno deve dire chi li ha uccisi». Nel quartiere dove costoro abitavano, alla notizia della gravissima disgrazia, è scoppiato il finimondo, auto a fuoco e gravi atti di violenza contro le forze dell'ordine intervenute, dimostrando per l'ennesima volta l'incultura e l'odio che spesso si ripete in queste circostanze. Certo sentire che due giovani hanno perso la vita così stupidamente addolora un pò tutti, ma sentire il padre di una delle vittime prendersela con chi ha agito nel compimento del suo lavoro e dovere mi sembra troppo. Penso che questa persona dovrebbe prendersela con se stesso, dovrebbe cominciare a interrogarsi su se stesso, sull'educazione che ha dato a suo figlio, sul suo senso della giustizia e delle leggi, ma non lo fa sarebbe un processo di fatica insopportabile; dovrebbe "resettare" tutta la sua vita e ricominciare da capo. Sempre che ne sia in grado.
Se gli abitanti di quel quartiere dovessero fare altrettanto, andrebbe in frantumi una cultura millenaria, o una millenaria as-senza di cultura, e quella gente si sentirebbe totalmente priva di sicurezze. Perché le sicurezze di quell'uomo e di quella gente sono tutte lì, nello Stato nemico, nella legge ingiusta, nel destino crudele.
Il loro atteggiamento non è comunque singolare, non è limitato alla Sicilia, ma si sta diffondendo in tutta Italia in ogni sua regione e classe sociale. È il modo più facile di cavarsela quello dell'incolpevolezza soggettiva, e mi sembra che sia praticato con sempre maggiore convinzione. Insomma, la colpa è sempre dello Stato.
Seminario Inka
13 anni fa
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