giovedì 17 luglio 2008

I giganti di Monti Prama

"L'ARMATA SARDA DEI GIGANTI IN PIETRA PERDUTA IN UNO SCANTINATO".

Un esercito nuragico in pietra, il più antico e ricco complesso statuario del Mediterraneo. Portato alla luce da un aratro vicino a Cabras, nella Sardegna degli anni Settanta, e poi finito in una soffitta, dimenticato. È l’incredibile storia dell’armata di Monti Prama, dal nome della località in cui sono state rinvenute: arcieri, pugilatori e lottatori fino a due metri e sessanta di altezza, trenta guerrieri in arenaria di ottima lavorazione e scalpello. Occhi a centri concentrici, bocche appena accennate, elmi e trecce, busti con abiti scollati, braccia decorate con bracciali e motivi geometrici, che scagliano frecce, brandiscono spade e impugnano scudi. I giganti dai volti fissi, custodi di un’area sacra millenaria, sono i guerrieri di un esercito seppellito due volte. La prima, nel più fitto mistero, trenta secoli fa, quando le statue sono state misteriosamente distrutte. La seconda, tre decenni fa, quando i quasi quattromila frammenti rinvenuti sono stati sigillati in duecento casse e nascosti negli scantinati del museo archeologico di Cagliari. l’Accademico dei Lincei Giovanni Lilliu arrivò sul posto con un suo allievo. Il suo commento fu: “Il cielo si è adirato con noi per questa scoperta”, riferendosi forse al temporale in corso la notte dell’ispezione. La frase dell’accademico la dice tutta sull’imbarazzo creato in seno alla “Scienza Ufficiale” da queste statue “che non dovevano essere”. Tant’è che le statue finirono in fondo a un magazzino per un trentennio, fino a che qualcuno decise di rompere la cortina di silenzio. Nonostante ciò Lilliu scrivesse: “L’importanza straordinaria dei reperti stimola a superare l’imbarazzo di presentarli agli studiosi”. Un imbarazzo ad oggi inspiegabile, forse dettato dalla necessità di gettare al macero anni di studio sulla civiltà nuragica, ritenuta “minore”. Il sovrintendente di Sassari e Nuoro, Vincenzo Santoni a luglio 2005 inviava ai giornali una lettera per spiegare che il ritrovamento dei giganti di Monti Prama non era certo un ritrovamento cruciale. E che perciò l'entusiasmo di alcuni era «non motivato» Ma ora ritratta e dice che le statue giganti del Mediterraneo sono figlie dei nuraghi e non della civiltà greca.

Finalmente nell’ottobre del 2006 i Giganti sono stati esposti al pubblico presso il centro di restauro e diagnostica di Li Punti (SS). Un oblio durato trentadue anni che non si spiega se non come una deliberata manovra di “mistificazione storica, di auto castrazione culturale, di degradazione di tutto ciò che appartiene alla storia del nostro Popolo”. Gli eruditi, i signori dell’archeologia, quelli non imbecilli avevano capito che le sculture, alte dai 2,60 ai 3 metri, riprendono le figure tipiche dell’iconografia nuragica che la nostra archeologia tradizionale limita alla statuaria minore, quella dei bronzetti. Guerrieri, lottatori, arcieri, pugili che risalgono al periodo del Bronzo Finale, tra il IX e l’XI secolo a.C, anticipando di tre secoli la statuaria a tutto tondo della civiltà greca arcaica. Ma era tremendamente scomodo dover riscrivere in relazione a una simile scoperta l’intera storia, non soltanto artistica, dell’umanità. Perché qualcuno avrebbe dovuto farsi carico delle stronzate scritte per anni scopiazzando ed interpretando a loro favore alcuni scritti antichi, senza aver svolto opportune ricerche e nonostante alcuni studiosi internazionali avessero in parte chiarito alcuni aspetti della storia in Sardegna.

Quanti sarebbero saltati se il mondo, la gente, avesse saputo la verità? La verità di un popolo che non è stato nano e barbaro, ma di una civiltà evolutissima e unica al mondo, capace di scrivere, navigare, costruire, pregare, scolpire prima ancora che i grandi popoli conquistatori del Mediterraneo vedessero i propri albori. Quanti, tra i cosiddetti studiosi, scivolerebbero giù dai loro dorati scranni se questo popolo di pietra, magari, ci confermasse anche che sì, la Sardegna è proprio quell’Atlantide di cui vagheggiava il signor Platone? Qualcuno, approfondendo gli studi, potrebbe addirittura arrivare a comprendere le effettive ragioni della presenza di una ziqqurat nelle campagne del sassarese (il cosiddetto altare di Monte d’Accoddi): ma siamo pazzi?!

Eppure da anni alcuni studiosi di fama internazionale hanno più volte scritto qualcosa che avrebbe dovuto risvegliare il lungo sonno degli interessati studiosi nostrani, dei venerabili maestri dell’archeplogia che vedono ovunque fenici e punici e una Sardegna super dominata daiai più disparati popoli. A riprova di ciò la Patrizia Phillips, in “La preistoria d’Europa” ha scritto che la presenza di ossidiana sarda nella Corsica e in nord Italia, viene datata all’ottavo millennio. Misurazioni del Bailloud effettuate nel 1972. Proveniente dalla Sardegna era il più forte indicatore dell’attività marittima nell’ovest mediterraneo a quei tempi (opera di Allen Lane, Penguin booksLtd. London 1980 pag.157/171) Non dimentichiamo inoltre il monito lanciato da John Bowle, un altro grande studioso che in A History of Europe, fin dal 1979, così scriveva: Oggi sappiamo che la diffusissima cultura megalitica diffusa da Malta e alla Sardegna, alla penisola Iberica, alla Bretagna, alle isole Britanniche e alla Danimarca, risale per lo più al neolitico, è più antica della civiltà egiziana e delle piramidi. Senza contare tutti quegli studiosi che sostengono da anni che le datazioni storico-cronologiche vanno ritoccate di almeno 1.000 anni.

Qualcuno ha detto che gli studi si sono arenati “per mancanza di fondi”. Che vergogna, eh… la colpa è sempre dei soldi che non ci sono mai, non di chi infila la testa sotto la sabbia per paura di fare una figura di merda e di perdere il proprio prestigio intellettuale. Fortunatamente oggi in Sardegna ci sono personaggi tra i quali Leonardo Melis, Paolo Valente Poddighe e prima di loro Carta Raspi che non si sono fermati continuano le loro ricerche anche contro i parerei dell’archeologia ufficiale e lavorano alacremente per portare sotto gli occhi di tutti la vergogna di questo processo di depauperamento culturale ed identitario che i Sardi subiscono costantemente sotto i colpi di un fine e subdolo cesello oscurantista. Ma questo depauperamento non è solo una questione, tutta nostra, di autostima. Riguarda i Sardi, certo, ma i Sardi come parte determinante nella costruzione della cultura di tutti. Riguarda il mondo intero, bramoso di ottenere i tasselli che mancano per capirsi meglio. é una questione culturale, artistica, politica, economica. E, detto tra noi, la totale assenza di onestà intellettuale dimostrata dagli addetti ai lavori è nauseante in maniera micidiale. Non si riesce a rimanere stupiti, sconcertati, e nemmeno indignati, assuefatti come siamo alle vergognose manovre dei vari poteri nelle loro varie forme).

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