venerdì 2 maggio 2008

Ma di chi dobbiamo fidarci?

Di questi tempi non so proprio di chi dobbiamo fidarci…
Da quanto scritto in data 1° maggio 2008 sul Secolo XIX di Genova, dal prof. Paolo Armaro - ex parlamentare di An e professore ordinarlo di Diritto pubblico comparato all'Università di Genova, la raccolta di firme fatta dai “Grillini” sarebbe del tutto inutile. Ma per maggior comprensione leggette l’articolo di Paolo Amaro.

I referendum a salve di Masaniello

Siccome siamo buoni di cuore, la mettiamo così: non abbiamo lì ben capito se Beppe Grillo, novello Pasquino nell'era di Internet, c'è o ci fa. Come, per l'appunto, si dice a Roma. Insomma, ne sia consapevole o no, ha giocato un brutto scherzo da prete a migliaia di creduloni. I quali in ben 135 piazze d'Italia - a cominciare dalla torinese piazza San Carlo, dove si è esibito il Nostro alla presenza di cinquantamila spettatori non paganti, dunque portoghesi - se ne sono stati in fila sotto la canicola di fine aprile. E perché mai? Per sottoscrivere - udite, udite - tre referendum per l'abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria, dell'Ordine dei giornalisti e della legge Gasparri. Il tutto all' insegna, si capisce, di una "libera informazione in un libero Stato".

Peccato che tanta fatica non sia stata coronata da successo, dal momento che l'impagabile Grillo ha bellamente gabbato i suoi sprovveduti ammiratori. Difatti le sullodate firme non valgono un accidente. E, per di più, sono state apposte su fogli con i quali ci si potrebbe incartare il pesce. Sappiamo bene che, così dicendo, corriamo il rischio d’incor¬rere nelle ire di un personaggio che ama a tal punto lo stile sobrio da chiamare "Vaffa day 2" il suo secondo spettacolo torinese dopo il precedente di Bologna. E magari di essere messi alla berlina con l'epiteto di «verme, cameriere e servo», soavi espressioni usate dal Nostro nei confronti dei giornalisti Con l'eccezione, va da sé, di coloro che lo accarezzano per il verso giusto. Ma per nessuna ragione ai mondo intendiamo dismettere i panni del costituzionalista. E, legge di attuazione dei referendum e dell'iniziativa popolare alla mano (la famosa legge 25 maggio 1970, n. 352, approvata allo scopo di permettere agli avversari del divorzio una rivincita per via referendaria), dobbiamo concludere che come turlupinatore dell'opinione pubblica Grillo non è secondo a nessuno. Che ci sia o ci faccia, evidentemente ignora il celebre motto di Abramo Lincoln: «Si può ingannare una persona per tutta la vita, si può ingannare tutti per una volta, ma non si può ingannare tutti per sempre».

Grillo e i suoi adepti - azzardatamente autodefinitisi grillini, e basta cambiare una "i" con una "u" per leggere grullini, cioè toscanamente scarsi di comprendonio - hanno avuto la bella pensata di far firmare i tre referendum su fogli di carta qualsiasi, privi perciò di qualsiasi valore giuridico. E non poteva essere altrimenti, del resto. Difatti Grillo e i suoi cari si sono ben guardati dal presentarsi alla cancelleria della Corte di cassazione al fine di promuovere i tre referendum. Saltato a pie pari con la massima disinvoltura questo primo passaggio, non potevano sperare che ai fogli sui quali apporre le firme i funzionari preposti alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziali apponessero il bollo dell'ufficio. E poi l'articolo 31 della predetta legge è chiarissimo. Stabilisce che non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una o delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime. Disposizioni, queste, che hanno la loro brava spiegazione. La prima parte consegue alla norma in forza della quale non possono svolgersi contemporaneamente elezioni politiche e referendum. Mentre la seconda parte si prefigge lo scopo d’impedire l'accavallarsi della campagna referendaria con quella elettorale. Ciò premesso, facciamoci un po' di conti. Dunque, il decreto presidenziale di convocazione dei comizi elettorali reca la data del 6 febbraio scorso. Perciò la richiesta dei referendum, ossia il deposito delle cinquecentomila firme per ogni referendum, non potrebbe intervenire prima del 6 agosto prossimo. Se si considera che le predette firme vanno raccolte entro tre mesi dalla data del timbro apposto ai fogli dai funzionari di cui sopra, si fa presto a tirare le conclusioni. Se si tolgono tre mesi al 6 agosto, arriviamo al 6 maggio. Prima data utile alla raccolta delle firme, quindi. Sempre che nel frattempo Grillo si attenga alla normativa prevista dalla legge e si faccia parte diligente. I tribuni, dopo tutto, non sono paragonabili ai re assoluti. Non possono infischiarsi dello leggi. E tanto meno avere della democrazia un concetto tale per cui è antidemocratico, e degno di essere messo alla gogna, chi non la pensa come loro. Ben vengano i Masaniello. A patto che prima frequentino un corso serale di diritto costituzionale. E, il che non guasterebbe, di bon ton.

Paolo Armaro - professore ordinarlo di Diritto pubblico comparato all'Università di Genova.

Scusa Beppe, ma se tutto questo é vero, questa volta nonostante l'ammirazione, un vaffanculo (amichevole, s´intende) te lo meriti proprio,

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